All'inizio di agosto del 1914 scoppia la prima guerra  mondiale. L'Italia rimane estranea alle ostilità fino  al 24 maggio 1915, ma le sue responsabilità in relazione  al conflitto sono molto gravi e risalgono a qualche  tempo prima.
  Nel 1911 l'Europa è infatti in un sostanziale equilibrio,  lo sviluppo economico è tumultuoso e le grandi  potenze hanno risolto quasi tutti i loro contrasti coloniali:  l'unico elemento di instabilità viene dall'impero  ottomano, il cui collasso porterebbe a conseguenze  imprevedibili. In particolare è preoccupante  la situazione nei Balcani, dove i nazionalismi serbo,  bulgaro, greco e rumeno aspirano a un riassetto  generale della regione a spese dei territori appartenenti  a Costantinopoli. Dopo oltre un quarantennio  di pace fra le potenze del continente, è l'Italia che  riapre la stagione dei conflitti, invadendo le province  ottomane di Tripolitania e Cirenaica.
  Giolitti, indifferente ai problemi continentali, è alla  ricerca di una vittoria militare di prestigio che taciti  le opposizioni di destra e rifiuta ogni offerta di cessione  di fatto dei territori avanzata da Costantinopoli,  conservandone la sovranità nominale, sull'esempio  dell'Egitto e dell'Algeria, da anni protettorati inglese  e francese. Nasce così l'impresa di Libia, inutile e  proditorio attacco all'impero ottomano. La mancanza  di una visione strategica da parte dello stato maggiore  italiano fa sì che la guerra si trascini per più di  un anno e questo induce gli Stati balcanici, Serbia,  Bulgaria, Grecia e Montenegro, ad attaccare a loro  volta l'impero ottomano. L'esito delle guerre balcaniche  porta alla nascita della Grande Serbia, la cui  stessa esistenza destabilizza l'Austria-Ungheria, già  in crisi per le tensioni nazionalistiche che la attraversano.  L'equilibrio europeo è compromesso in modo  irrimediabile e a Sarajevo viene accesa la miccia della  bomba che l'Italia ha innescato, l'occasione attesa  dal governo di Vienna per tentare di ridimensionare  l'avversario serbo.
  Mentre l'Europa si prepara a celebrare i cento anni  trascorsi dallo scoppio della prima guerra mondiale,  Franco Cardini e Sergio Valzania ricostruiscono la  catena di eventi che condusse alla tragedia, evidenziando  il ruolo chiave svolto dalla guerra di Libia.  Spetta dunque all'Italia l'avere «dato il la» alla finis  Europae e al «tramonto dell'Occidente»? «Se è così»  scrivono Cardini e Valzania «non vanno comunque  dimenticati i molti e gravi problemi ai quali, nel '14,  si cercò di rispondere con le armi: quello sociale anzitutto,  insieme con quello rappresentato dallo sfruttamento  colonialistico al quale la scienza positivistica  porgeva l'alibi della superiore civiltà occidentale  e del "fardello dell'Uomo Bianco", tanto simile al fagotto  del ladro.»