 
Il XX secolo, con lo spaventoso numero di vittime  provocate da due guerre mondiali e vari genocidi, è  stato definito "il secolo più violento della storia", e  l'alba del nuovo millennio sembra prefigurare scenari  non meno inquietanti, diffondendo ovunque una  crescente sensazione di insicurezza e paura. Eppure,  anche se può sembrare incredibile, in passato la vita  sul nostro pianeta è stata di gran lunga più violenta e  spietata, e quella che stiamo vivendo è probabilmente  "l'era più pacifica della storia della nostra specie".  A sostenere questa tesi in apparenza paradossale e  destinata a far discutere è Steven Pinker, il quale dimostra,  statistiche alla mano, che il calo della violenza  può essere addirittura quantificato. E le cifre che  fornisce sono impressionanti.
  Le guerre tribali hanno causato, in rapporto alla  popolazione mondiale del tempo, quasi il decuplo  dei morti delle guerre e dei genocidi del Novecento.  Il tasso di omicidi nell'Europa medievale  era oltre trenta volte quello attuale. Schiavitù,  torture, pene atroci ed esecuzioni capitali per futili  motivi sono state per millenni ordinaria amministrazione,  salvo poi essere bandite, nel volgere  di un paio di secoli, dagli ordinamenti giuridici e  dalla coscienza collettiva di tutte le nazioni democratiche.  Oggi, invece, i conflitti fra paesi sviluppati  sono scomparsi, e anche il tributo di sangue  di quelli nel Terzo mondo è infinitamente minore  rispetto a soli pochi decenni fa. Inoltre, delitti,  crimini d'odio, linciaggi, pogrom, stupri, abusi sui  minori, crudeltà verso gli animali sono tutti significativamente  diminuiti dopo l'emanazione delle  prime carte dei diritti dell'età moderna.
  Ma che cosa ha determinato questo declino della  violenza, se nel frattempo la mente e il cuore  dell'uomo sono rimasti più o meno gli stessi? Secondo  Pinker, tale processo di portata epocale è  dovuto al trionfo dei "migliori angeli" della nostra  natura (empatia, autocontrollo, moralità e ragione)  sui nostri "demoni interiori" (predazione,  dominanza, vendetta, sadismo e ideologia), un  trionfo reso possibile dalle istanze civilizzatrici su  cui l'Occidente ha fondato la propria identità: monopolio  statale dell'impiego legittimo della forza,  alfabetizzazione, cosmopolitismo, libertà di commercio,  "femminizzazione" della società, e un uso  sempre più ampio della razionalità nell'agire economico  e nel dibattito pubblico.
  Così, prendere atto della graduale riduzione di tutte  le forme di violenza nel corso della storia non solo  rende ai nostri occhi il passato meno innocente e il  presente meno sinistro, ma ci costringe a ripensare  radicalmente le nostre più profonde convinzioni sul  progresso, la modernità e la natura umana.